Mi chiedevo spesso perché quando si è vecchi vengono in mente le cose del passato, anche e soprattutto quello remoto, dell’adolescenza e ancora più in là, nell’infanzia. Un po’ ho letto, un po’ ho cercato ed in effetti è affascinante.
Quando si è adolescenti si è travolti dalle emozioni e poi si cerca una identità e quindi nella giovinezza e mezza età si cerca di affermarci e stabilizzarci. Poi da più maturi si comincia a fare il punto di quanto si è fatto, correggendo qualcosa se occorre, ma cercando più tranquillità. Da anziani quello che si è fatto, si è fatto. Finita l’agitazione del fare si esplora l’essere.
I ricordi mi davano sempre fastidio perché mi portavano alla mente cose brutte e le ricacciavo bruscamente in fondo, reprimendole. Ma non è una buona cosa: da un punto di vista psicologico è normale ed è un bene che riaffiorino esperienze del passato che erano state rimosse. Questo alleggerisce una carica emotiva dell’inconscio che potrebbe diventare senso di colpa grave, oppure senso di accusa, oppure aggressività esplosiva quando uno meno se l’aspetta. Sarebbe come aprire un poco la pentola a pressione. Lo psicologo fa la sua bella terapia analizza e ragiona e riparte. Il cristiano pure, ma ha qualcosa in più, molto prezioso che un giovane non capisce facilmente. Certi ricordi anche se dolorosi hanno una finalità buona: uno per esempio se ha sbagliato quella volta lì, anche se ne ha vergogna, ha la possibilità di inginocchiarsi davanti al Signore e pentirsi e chiedere perdono insomma. Questo non è un atto solo per tornare al Signore Gesù, ma è un meccanismo sorprendente di pace, perché il perdono del Signore (che è all’origine) si diffonde nel nostro cuore con amore e accettazione di se stessi, pure se abbiamo sbagliato magari per inavvertenza o immaturità o incapacità. Siamo vasi di terracotta. La psicologia dice che questi ricordi (simili a flashback) non vanno di nuovo repressi con violenza, ma “accompagnati gentilmente”; cioè un poco si fanno rimanere, quanto basta per prenderne atto, poi si “invitano” ad andarsene senza essere troppo duri. E’ importante questa passerella nella nostra mente perché, almeno io, sono sempre stato brutale e giudicante con me stesso. Se mi tratto meglio tratterò meglio anche chi mi sta vicino.
Altra cosa che ho scoperto è che queste reminiscenze, quelle belle magari, hanno anche dei ricordi di forte nostalgia, una nostalgia quasi struggente. Mi chiedevo come mai. Non è solo la nostalgia di qualche fatto in se stesso. Certamente dei fatti belli ci sono di cui uno ha nostalgia, però qui il discorso è molto più profondo. Sono certo si tratti di un ricordo atavico dell’uomo come generazione umana, riguardo al paradiso terrestre (Eden) che abbiamo perduto. Questo ci causa nostalgia dolorosa e struggente. Questa è l’origine della nostra sofferenza, che cerchiamo di coprire con surrogati insoddisfacenti. Lì vedevano Dio, per questo cerchiamo sempre il Suo volto. Lì c’era la bellezza della Sua casa in un contesto armonioso, per questo tutti amiamo il bello, desideriamo costruire una casa con gli alberi la frutta il ruscello, i fiori, il sole…. Ho scoperto che questa motivazione o interpretazione non è solo mia ma pare che anche studiosi e scrittori l’abbiamo messa in evidenza. La mancanza di un Dio che conoscevamo, la perdita di un ambiente in cui vivevamo… Ma la promessa del Signore di poterci ritornare è una grande consolazione, vero?
L’altro giorno sono passato lì dove sono nato, che mi era di strada: la bella villa del proprietario, le stanze in basso della mia famiglia come servitori-contadini, il fontanile, poco distante la stalla dei buoni animali, il giardino, i campi... tanti bellissimi ricordi della prima infanzia… certo adesso è abbandonata e il portone è chiuso, come è chiusa per noi ancora la casa del Signore e l’Eden, però so che ci torneremo, ed allora questo presente in questo sistema di cose deteriorato e corrotto mi pare più sopportabile, perché il Signore manterrà la Sua promessa.
R.R.
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