Disorientamento, anomia, liquidità, instabilità…
Non dovremmo essere sorpresi se a volte ci sentiamo come “fuori posto”. In realtà non esiste in questa epoca un posto adatto dove poter stare bene. Siamo tutti di fronte a un disorientamento esistenziale che avvolge sempre più la nostra epoca; non sono io solo a dirlo, ma è ormai comprovato da chi queste cose le studia:
Durkheim utilizzò questo concetto nella sua opera La divisione del lavoro sociale per descrivere una situazione in cui le norme sociali sono confuse, poco chiare o assenti, portando a un senso di disorientamento e mancanza di scopo. Successivamente, Durkheim approfondì ulteriormente il concetto nel suo studio Il suicidio del 1897, dove esplorò l’anomia come una delle cause del suicidio. È stato il sociologo Émile Durkheim che nel 1893 (relativamente poco tempo fa) introdusse il termine di “anomia”.
Invece il sociologo Zygmunt Bauman presentò a partire dalla fine degli anni Novanta il concetto di “liquidità”. Bauman introdusse questo termine per descrivere la modernità come una condizione in cui le strutture sociali e le relazioni sono fluide e in costante cambiamento. Questo concetto è stato ampiamente discusso nella sua opera Modernità liquida, pubblicata la prima volta nel 2000. Bauman utilizzò la metafora della liquidità per evidenziare come, nella società contemporanea, nulla sia stabile e tutto sia soggetto a cambiamenti rapidi e imprevedibili.
Anomia e liquidità, vedete, trattano disorientamento, mancanza di scopo, senso di vuoto e a volte morte interiore per crisi esistenziali. In pratica l’impossibilità di configurarsi in qualcosa di stabile nel nostro tempo è una situazione già esistente, acquisita, che ci avvolge nostro malgrado. Viviamo in uno stato di “fluidità” o “transitorietà” terribile. Questi termini suggeriscono un continuo cambiamento con l’assenza di una condizione stabile e permanente.
In tutto questo come si può configurare il concetto di “normalità”?
Non essendo sociologi o psicologi daremo una semplice opinione personale; ad ogni modo potrebbe essere interessante svilupparla insieme.
Chi tra noi è più anziano come me, diciamo dal 1950 ad oggi, è stato testimone di questo cambiamento di normalità sulla propria pelle, con tutto il conflitto per fermare quello che si riteneva essere oppressivo e piatto (1968-78), e la sofferta crisi per la sconfitta che poi ne è derivata.
Questo significa che, comunque, esiste già in noi un confronto sperimentato tra due configurazioni presenti nella nostra mente: “normalità” come eravamo e “normalità” come siamo. Allora quando noi anziani diciamo “non ci sono più i valori di una volta”, sappiamo quello che diciamo, abbiamo due scenari a confronto. Abbiamo fatto del nostro meglio per migliorare o ricostruire quei valori e, se questo non ci è riuscito, nulla toglie al fatto che prima – anche se imperfetti – i valori c’erano, e adesso non ci sono più (almeno quelli che si definivano “valori”). (1)
Chi invece è più giovane, è nato proprio all’interno di un sistema instabile, dove manca l’esperienza del valore fermo che – per quanto rovinato - stabilizzava pensieri e comportamenti. Il giovane nasce e vive nella precarietà, nella “non-stabilità” del lavoro, della casa, della coppia. È l’incertezza del domani che per questa generazione è “normale”.
Continuando con esempi estremi come delle iperboli per comprendere meglio il ragionamento, se molti anziani avendo avuto dei valori e avendoli perduti, vivono in continui conflitti con il presente perché non vogliono/possono adattarsi, i giovani lo vivono male per altri motivi, infatti non avendo esperienza diretta del passato, non sanno nemmeno perché dovrebbero avere un conflitto visto un presente piatto e sconfortante.
Abbiamo più idee del concetto di normalità
Gli anziani in linea di massima non considerano affatto “normale” il mondo così com’è, in questo sono più avvantaggiati perché forse una parvenza di ideale ce l’hanno. È vero, c’è chi tra loro è rassegnato e stanco e si sente come un alieno sulla Terra - Terra che non può più capire né farne parte - e c’è chi non si rassegna, lotta internamente come don Chisciotte e vive male il suo senso di non appartenenza.
Si potrà obiettare che gli anziani si sono sempre sentiti fuori posto, e sempre si sono lamentati, ma è vero solo fino ad un certo punto a seconda del periodo e all’ambiente in cui ci riferiamo. Prendiamo la società contadina: l’anziano, o il vecchio padre di casa, anche se non era più in grado di svolgere lavori pesanti, tuttavia conosceva l’arte degli innesti delle piante, sapeva consigliare sulle stagioni, la semina e la mietitura, conosceva un buon cavallo, o la mucca che dava più latte, i segreti per il formaggio o il vino buono o la qualità del grano in base al terreno. In famiglia dunque questo anziano era comunque un padre-riferimento, costituiva la raccolta di esperienze a cui attingere. Per altri versi anche nelle zone di mare l’anziano pescatore per i figli era così, ti sapeva dare consigli importanti.
Con internet c’è stato un cambiamento della società con una velocità spaventosa, troppo veloce per l’assimilazione dell’uomo, che non ce la fa a stargli dietro. Il vecchio adesso non serve più e il giovane brucia i tempi perdendo il senso della realtà. Non so quale sia peggio.
Il giovane è un vecchio virtuale, perché non vive più le stagioni della fanciullezza, adolescenza e maturità nel “giusto tempo”, bensì va avanti a balzelloni fagocitando solo emozioni virtuali, davanti al cellulare. C’è da chiedersi chi veramente oggi sia più alienato, se il giovane o il vecchio.
Il senso della realtà cambiato
Possibili soluzioni per giovani e vecchi
Allora quando l’uomo invecchia non dovrebbe guardare sconcertato il mondo intorno a sé, perché non troverà risposte nel mondo.
La natura creata da Dio nelle perfette stagioni del nostro corpo fisico e nell’uso intelligente della mente che ci ha dato, può fornirci spontaneamente una via: infatti c’è una tendenza nell’anziano che viene spesso ridicolizzata perché considerata noiosa, ed è quando i vecchi ricordano e parlano del loro passato. La chiave sta proprio in quel ricordare. Non mi riferisco ovviamente al ricordare il passato di qualche fatto personale, ma proprio alla tendenza del ricordare il passato che viene a quell’età, al meccanismo psicologico in se stesso: dovremmo intenderlo come il desiderio di riprendere un passato ben più grande, una specie di “somma collettiva” della generazione umana di tutti i passati di ogni singolo. (2)
Insomma il passato dell’Uomo (maiuscolo) visto come generazione umana. E qual è il nostro passato? Abbiamo tutti una specie di diario che riguarda tutti noi uomini in transito sulla Terra: possiamo tutti leggerlo, si chiama Bibbia.
Ricordare Dio e il suo patto
Questo era il compito che il cristianesimo avrebbe dovuto svolgere. Ma il cristianesimo, diviso in mille denominazioni, divise per interessi personali, corrotte nei fatti e nei pensieri, non solo non ha ricordato il patto del Signore e le Sue rivelazioni, ma ha peggiorato la situazione esponendo il Signore stesso alle ingiustizie del mondo. (3)
Allora tocca a noi, come un rimanente fedele, ricordare chi era il Signore e cosa ha detto, senza badare agli interessi personali e di istituzione.
Giovani o anziani dovrebbero riportare alla memoria Dio, cominciando dall’inizio della Bibbia, dove è descritto l’ambiente che Lui ci aveva dato nella creazione: il paradiso terrestre. L’abbiamo perduto, è vero, ma tutta la Bibbia non ci parla del percorso per ritrovarlo? E quale è l’elemento più importante adesso per ritrovare Dio e il paradiso? Non è forse il patto con Lui? E come si comprende questo patto con Lui?
Nella Bibbia, come abbiamo detto in un recente studio di gruppo, si parla spesso di “patti” tra Dio e l’uomo. Se riusciamo a vederli non staccati l’uno dall’altro, ma sovrapposti, possiamo capire che è l’insieme dei contenuti dei patti ben meditato e approfondito, che ci matura per ritrovare la chiave dell’Eden.
C’è stato un patto con Adamo ed Eva (che subito hanno trasgredito), poi con Noè, con Mosè, con Gesù stesso… Se ci pensate è come ho detto: lo Spirito di Dio tende a farci comprendere che possiamo trovare la maturazione come si trattasse un unico patto a cui restare fedeli in attesa dell’eternità a cui siamo destinati. Ogni patto era sancito da delle regole di fedeltà di comportamento, che chiamiamo “legge”. Allora se ci riferiamo ai due punti fondamentali, cioè il patto dell’AT (il decalogo) e il patto del NT (con Gesù) possiamo arrivare a comprendere quanto abbiamo detto sull’antico e il nuovo patto e a vederli insieme, come l’elaborazione matura di uno stesso patto. Non a caso i dieci comandamenti dati da Dio a Mosè sul monte, compaiono ancora in Apocalisse, segno di continuità e fedeltà a ciò che Dio ha stabilito essere bene e male.
“Normale” non sempre è “giusto”
Prima di proseguire c’è una importante considerazione da fare: quando parliamo di un certo comportamento e diciamo: “si lo capisco, è normale..”, automaticamente diamo per scontato che “normale” significhi anche “giusto” come fosse un sinonimo. Invece se ci pensate bene, la parola “normale” non è affatto un sinonimo di “giusto”. Vediamo qualche esempio.
Esempi generali
Sparta e i neonati deformi: Nella società spartana, era una pratica comune abbandonare i neonati deformi o malati per morire. Questa pratica era considerata “normale” per mantenere una popolazione forte e sana, ma è chiaramente ingiusta secondo i moderni standard etici.
Leggi di Nerone: Durante il regno di Nerone, era considerato “normale” eliminare gli anziani che non erano più in grado di contribuire alla società. Questa pratica, sebbene accettata all’epoca, è oggi vista come profondamente ingiusta e inumana.
Eugenetica nel XX secolo (4): Durante il periodo nazista, la sterilizzazione forzata e l’eliminazione di individui considerati “inferiori” erano pratiche normalizzate. Queste politiche erano giustificate come necessarie per migliorare la razza umana, ma sono ora riconosciute come gravemente ingiuste e violazioni dei diritti umani.
Esempi religiosi
I sacrifici umani erano “normali” per gli Atzechi e in diverse religioni idolatriche;
Mutilazioni Genitali Femminili: In alcune culture e religioni, la mutilazione genitale femminile è una pratica tradizionale. Questa pratica è spesso giustificata come un rito di passaggio o un requisito religioso, ma è ampiamente condannata a livello internazionale come una violazione dei diritti umani e una forma di violenza di genere;
Matrimoni Forzati e Precoci: In alcune comunità religiose, i matrimoni forzati e precoci sono comuni. Questi matrimoni spesso coinvolgono ragazze minorenni, ancora bambine, che non hanno la possibilità di dare il loro consenso informato. Questa pratica è considerata una violazione dei diritti;
Punizioni Corporali: In alcune comunità religiose, le punizioni corporali sono utilizzate come metodo di disciplina. Questo può includere la flagellazione (o autoflagellazioni) o altre forme di punizione (o autopunizione) fisica, che sono considerate inumane e degradanti secondo i moderni standard dei diritti umani. Alcune religioni praticano anche dei rituali di purificazione che possono essere però fisicamente dannosi. Ad esempio, in alcune culture, le persone sono costrette (o si auto costringono) a sottoporsi a digiuni estremi o a pratiche di auto-flagellazione per purificarsi dai peccati.
Esclusione Sociale: In alcune tradizioni religiose, le persone che non seguono le norme religiose possono essere escluse socialmente o addirittura espulse dalla comunità. Questo può portare a gravi conseguenze psicologiche e sociali per gli individui coinvolti.
Esempi in alcuni regimi nazionali diversi
In società dove ogni tipo di religione era considerata “normalmente” fuori legge, era abbastanza usuale sopprimere le persone consacrate a qualche fede;
In modo molto più sottile e difficile da scorgere in alcune società moderne occidentali a noi molto vicine, accade quando un governo o addirittura un capo di stato, dice come fosse “normale”: “siamo ‘orgogliosi’ del nostro diritto alla blasfemia”! (l’ho sentito io stesso qualche anno fa alla TV). L’ambiguità della derisione delle fedi dietro l’idolo della libertà, una volta messo a fuoco il meccanismo, appare evidente.
Come avete visto la parola “normale” si presta a molte sfaccettature etiche morali e forse dovremmo usarla con maggiore attenzione.
Ne consegue che anche il concetto di “giusto” dipende dalla “normalità” del luogo e del tempo in cui siamo.
Chiudiamo il cerchio
Ed eccoci allora a chiudere il cerchio: in una epoca come la nostra così contraddittoria e confusa cosa è normale? Cosa è giusto?
Se sommate tutto quello che abbiamo detto fino ad ora, la risposta è tristemente facile: non c’è nulla di normale e di giusto nel mondo.
Noi allora abbiamo due possibilità: o ci perdiamo assuefatti al mondo nella sua instabilità crescente, oppure torniamo a Dio. In fondo è una scelta semplice da capire; non dico semplice da fare, ma che è semplice capire che è il caso di fare una scelta.
Nella Bibbia il termine “Il Giusto” è riferito al Signore. Per i credenti “il Giusto” non è un concetto, ma un Essere vivo con cui ci si può relazionare.
Se Dio è “Il Giusto” allora le Sue sono parole vere, nel senso che sanno indicare la differenza tra bene e male; quindi possono parlare di giustizia e darci consigli in merito. Per questo noi credenti pensiamo sia “normale” seguire le parole del “Giusto” e cercare di attuarle tramite una sana relazione spirituale con Lui nel tramite dello Spirito Santo che sa “aprirci” la mente per comprendere i significati delle Sue parole.
Se le chiese predicano se stesse, ci potrà dispiacere ma non siamo tenuti a seguire le loro parole istituzionali dottrinali tutte diverse le une dalle altre. Quello che predicano, predicano. Noi abbiamo una Bibbia, e si presuppone che la leggiamo e ci preghiamo sopra ogni giorno fino a che lo Spirito del Risorto ci apra le mente per comprenderla, come fece con i due di Emmaus. Poi, fatto questo, se troviamo giusto quello che dicono alcune prediche, allora le accogliamo, se dicono cose storte con quanto la nostra coscienza riempita dello Spirito di Dio ci suggerisce, non le accogliamo. Quale è il problema?
Concludendo: noi cristiani del rimanente possiamo dire: è normale l’anormalità del mondo, ed è normale la nostra fedeltà a Dio. Tra noi e il mondo c’è un abisso sempre più profondo perché per noi non ci sono più compromessi col peccato. Si realizzerà presto quanto disse Malachia 3:18 Allora vedrete nuovamente la differenza che c'è fra il giusto e l'empio, fra colui che serve DIO e colui che non lo serve». (ND)
R.R.
Note:
(1) Come a noi, nati nell’immediato dopoguerra, l’esperienza degli orrori della guerra ci è ignota e possiamo accedervi solo intellettualmente, così per quelli della generazione dopo la nostra sarà ignota l’esperienza del “boom economico” o “miracolo economico” dell’Italia tra il 1958 e il 1963. O dei moti del ’68. All’inizio trovavi lavoro ovunque, esisteva un governo che si presentava bene con tradizioni e princìpi sani, col desiderio di migliorarli ancora, tutto cresceva ed era realizzabile, il futuro era bello, il mondo nelle nostre mani. Poi il rapido declino con corruzione inflazione conflitti sociali e politici, degrado ecc. Comunque sia andata, quelli dopo di noi possono avere esperienza solo delle parti più recenti del declino nazionale che investe ogni campo, sperimentando soprattutto la delusione e l’indifferenza sociale.
(2) Un qualcosa di simile lo abbiamo già incontrato recentemente in un altro nostro scritto a proposito di C.G.jung, (da una introduzione alla psicologia analitica di Carl Gustav Jung)
(3) Mi viene in mente la frase che pare abbia pronunciato Pilato “Ecce Homo”, quando presentò Gesù con una canna in mano coronato di spine, ridicolizzando la sua figura di Re, flagellato e percosso, davanti al popolo e alla gerarchia corrotta assetata del Suo sangue.
(4) Eugenetica (Treccani): Disciplina che si prefigge di favorire e sviluppare le qualità innate di una razza, giovandosi delle leggi dell’ereditarietà genetica. Il termine fu coniato nel 1883 da F. Galton. Sostenuta da correnti di ispirazione darwinistica e malthusiana, l’e. si diffuse inizialmente nei paesi anglosassoni e successivamente nella Germania nazista, trasformandosi nella prima metà del 20° sec. in un movimento politico-sociale volto a promuovere la riproduzione dei soggetti socialmente desiderabili (e. positiva) e a prevenire la nascita di soggetti indesiderabili (e. negativa) per mezzo di infanticidio e aborto.
Approfondimenti:
1) Il nostro Dossier: “IL MOVIMENTO ‘NUOVO’ DI TUTTA QUELLA CHIESA CHE SARÀ RAPITA COME FILADELFIA”
2) Il nostro video YouTube: “NUOVO MOVIMENTO CRISTIANO PRIMA DEL RAPIMENTO”